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Gestire la presenza aziendale sui social: come e quando

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Per le aziende essere presenti sui social media è un must imprescindibile, un luogo comune ormai, eppure molte faticano a comprendere come valorizzarne l’utilizzo.

Fonte: SocialMediaToday.com Fonte: SocialMediaToday.com

Tutti oggi si sentono in qualche misura obbligati a comparire sui social – i consumatori stessi sembrano aspettarsi che i loro brand abbiano una pagina Facebook, o Instagram, o il blog aziendale – ma da qui a dotarsi di una strategia efficace la strada è ancora lunga.

I social media continuano a rimanere un enigma per molti executive, in particolare per quelli che non provengono dal marketing, per due ragioni tra loro connesse. La prima è che i social mantengono una natura opaca: i consumatori sempre più spesso si trovano online per discutere, commentare, criticare prodotti e brand, per trovare suggerimenti o per offrire consigli. Tuttavia è spesso difficile capire dove e come inserirsi per influenzare conversazioni che hanno luogo attraverso una varietà sempre crescente di piattaforme, tra una costellazione enorme di community, e che possono avvenire alla velocità della luce o con tempi siderali. La seconda ragione è che non vi è ancora un metodo univoco di misurazione dell’impatto economico dei social media e molte aziende trovano difficile giustificare lo stanziamento di ingenti risorse (umane o finanziarie) per un’attività il cui effetto preciso continua a rimanere nebuloso. Misurare il ROI dei social media è un’impresa ancora pionieristica e un po’ controversa, anche se vi sono società come Ignite che propongono un modello sufficientemente praticabile per farlo.

Eppure essere in grado di indentificare come, quando, dove i social media influenzano i consumatori aiuta gli executive a definire delle strategie di marketing in grado mettere a frutto la capacità unica dei social di coinvolgere i consumatori. Peraltro questo dovrebbe anche aiutare i diversi responsabili a sviluppare, lanciare e dimostrare l’impatto economico delle campagne pubblicitarie sui social media.

Come comportarsi dunque? Come progettare la propria presenza sui social media? Anzi tutto le decisioni di business circa l’uso dei social media dovrebbero basarsi su un chiaro accordo in merito alle finalità e agli obiettivi che un’impresa intende raggiungere mediante la presenza nel social media network. A questo scopo, McKinsey&Company consigliano di scomporre i social media in quattro funzioni primarie che si collegano al viaggio che compie il consumatore quando intraprende il suo percorso d’acquisto.

Le quattro funzioni che secondo McKinsey&Company sono svolte dai social media e che dovrebbero essere prese in considerazione prima di mettere in atto qualsiasi progetto di presenza social riguardano le seguenti attività:

  • monitorare (sempre)
  • rispondere (subito)
  • amplificare (motivare prima, dopo, durante)
  • guidare (verso cambiamenti duraturi nel tempo)

Esaminiamole una ad una.

Monitorare i canali social

Il monitoraggio del proprio brand consente di sapere cosa i consumatori dicono riguardo ai propri prodotti e servizi. Dovrebbe essere una funzione automatica o di default costantemente praticata dietro le quinte. Non richiede un impegno e una relazione diretta con i consumatori, tuttavia è un’attività che fornisce preziosissimi insight. Ad esempio, è possibile condurre una sentiment analysis assegnando emozioni positive o negative ai commenti online scritti dai consumatori. Si può anche tracciare una linea ideale che va dai post molto positivi a quelli molto negativi e vedere dove si colloca la maggior parte lungo questo continuum. I metodi di misurazione possono essere moltissimi, qualitativi e quantitativi. In realtà ciascuna azienda può costruire un proprio sistema di misurazione e di valutazione del sentiment, o può decidere di avvalersi di prodotti e tecniche di natura più quantitativa già presenti sul mercato.

ascolto-conchiglia Fonte: blog di Lucia Griffo

Un’ulteriore importante funzione che svolge il monitoraggio è quella dell’ascolto. Non ci stancheremo mai di sottolinearlo: un ascolto capace di percepire con sensibilità e con anticipo dei possibili punti di crisi non ha prezzo. Un sistema di monitoraggio efficace dovrebbe essere in grado di condividere immediatamente con la business unit di competenza le informazioni recepite. Le informazioni, siano positive o negative, dovrebbero infatti essere veicolate ai dipartimenti di competenza (comunicazione e marketing, relazioni pubbliche, design, ecc.) così da intervenire prima che il problema si propaghi.

Rispondere ai commenti dei consumatori

È bellissimo immaginare l’azienda come un’entità impegnata in transazioni personali e conversazionali con i consumatori che commentano i suoi prodotti: è il sogno di ogni marketer. Purtroppo nella maggior parte dei casi le conversazioni sono costituite da richieste rivolte al servizio clienti, oppure da reclami per un disservizio, o per il malfunzionamento di un prodotto.

Il Web 2.0 ha ampliato le possibilità di partecipazione, ha dato la possibilità di propagare e dare evidenza ai commenti positivi; per contro ha reso necessario dedicare molte energie alla gestione di quelli negativi e ha posto la necessità d’interrogarsi sia sulla forma da adottare sia sull’esigenza di rispondere il più rapidamente possibile.

Proprio i tempi di risposta a una crisi, o a una tendenza che rischia di andare in quella direzione, sono un aspetto particolarmente critico. Quindi è un obbligo tassativo quello di condurre il monitoraggio proattivo dei social media network quotidianamente e in modo scrupoloso. E rispondere in modo non solo tempestivo, ma anche trasparente e onesto.

Amplificare il tono positivo

Vi sono attività di marketing che implicano un più profondo e più ampio brand engagement e una condivisione social: pensiamo alla creazione di eventi offline cui sono invitati a partecipare i clienti attuali e potenziali  e che servono a promuovere un prodotto. L’amplificazione significa progettare le proprie attività di marketing in modo tale che contengano al loro interno una molla motivazionale al coinvolgimento e alla condivisione. Esattamente l’opposto che arrivare al termine della pianificazione di una campagna di marketing e dirsi: “ora dovremmo fare qualcosa di social”. La campagna va progettata in modo tale da stimolare i clienti a vivere un’esperienza che essi possano scegliere di amplificare unendosi alla conversazione con il brand, con il prodotto, con altri consumatori. Significa avere programmi per condividere nuovi contenuti con i  consumatori e fornire l’opportunità di scambiarne altri in risposta. Significa offrire esperienze che i clienti abbiano spontaneamente voglia di condividere, perché si sentono orgogliosi di pubblicizzare un contenuto che desta interesse. Ad esempio, una manifestazione ciclistica per la mobilità sostenibile alla quale s’invitano a partecipare gli amanti della bicicletta e che sarà l’occasione per il lancio di un nuovo modello di due ruote….
Ricordiamo che ci sono tre tipologie primarie di amplificazione nei social media:

  1. raccomandazioni e referral
  2. sostegno allo sviluppo e al mantenimento delle community
  3. brand advocacy

Se pensiamo al percorso che conduce un cliente all’acquisto come ad un viaggio sinuoso, talvolta tortuoso e talaltra ridondante, dove il feedback del consumatore è collocato in parecchi punti (anziché pensarlo come un imbuto attraverso cui passa il consumatore), diviene più evidente come i social media possano influenzare  le transazioni. Il comportamento del consumatore può essere influenzato in ogni loop del percorso della decisione d’acquisto, e secondo le ricerche di McKinsey&Company le più efficaci strategie di social media puntano a un piccolo numero di punti di contatto (touch point) individuali anziché tentare di influenzare i consumatori ad ogni fase nel percorso di decisione d’acquisto.

Fonte: Bored Panda

Nelle fasi iniziali del viaggio decisionale del consumatore, quando i clienti si muovono attraverso i brand e i prodotti per stabilire quali opzioni prediligere, raccomandazioni e referral sono strumenti molto potenti. Un esempio è il modo in cui siti online come Groupon forniscono un credito al consumatore per ogni nuovo acquirente che porta. Le raccomandazioni dirette tra pari generano tassi di acquisto che in alcuni casi sono arrivati ad essere sino a 30 volte superiori a quelli prodotti dalla pubblicità tradizionale.

Una volta che un consumatore ha deciso quale prodotto comprare e fa il suo acquisto, le aziende possono usare i social media per amplificare il suo coinvolgimento e rafforzarne la fedeltà. Quando Starbucks volle aumentare l’awareness del suo brand, ad esempio, lanciò una competizione sfidando i consumatori ad essere i primi a inviare via Twitter una foto di uno dei nuovi poster pubblicitari che la società aveva collocato nelle sei maggiori città statunitensi, mettendo in palio un buono acquisto del valore di 20 dollari. Questo sforzo di brand advocacy tramite i social media produsse un risultato che Starbucks stesso dichiarò uguale alla “differenza tra fare un lancio con milioni di dollari contro milioni di fan”.

I marketer possono anche sostenere delle community attorno ai loro brand e prodotti, sia per rinforzare la fiducia dei consumatori di aver fatto l’acquisto giusto, sia per offrire una guida per trarre il miglior beneficio dall’acquisto fatto. Ad esempio, si possono promuovere dei forum per l’utilizzo dei propri prodotti dove gli acquirenti possono confrontarsi e aiutarsi su singole funzionalità, in particolare se si tratta di prodotti software complessi. Si è riscontrato che spesso in questi casi sono più attivi gli utenti che gli impiegati stessi dell’azienda, mentre d’altro canto i commenti si rivelano straordinariamente utili per operare significativi cambiamenti e miglioramenti al software.

Guidare il sentiment del consumatore e i cambiamenti nel comportamento

Quello della guida è l’uso più proattivo che si possa fare dei social media: esso consiste nell’atto di condurre i consumatori a compiere cambiamenti di comportamento duraturi nel tempo. La forma assunta da questa guida varierà in funzione del punto in cui il consumatore si trova nel suo percorso della decisone d’acquisto. Per i consumatori che si trovano in uno stadio iniziale, il focus potrebbe essere sull’accrescimento della brand awareness. I social media network svolgono questo compito molto bene quando portano traffico ai contenuti web che presentano un brand. Un altro punto di contatto che generalmente rende molto efficace l’uso dei social media è quello che si colloca al momento del lancio di un prodotto.

Come abbiamo visto, i social media possono anche fornire dei forum per i consumatori che hanno effettuato un acquisto. In questo caso i contenuti dei clienti possono contribuire in modo significativo a spunti e insight per lo sviluppo del prodotto. Il ROI per questa funzione dei social media network è particolarmente elevato.

Il social media marketing è un’attività di valore

I budget per il social media marketing ancora oggi sono di norma piuttosto bassi, poiché manca una consapevolezza diffusa della loro importanza, e non vi è una grande fiducia nella loro efficacia.

Eppure, abbiamo visto come i social media possono influenzare le percezioni del consumatore e il suo comportamento lungo tutti i punti del percorso che porta alla decisione d’acquisto. Per capirlo basta fare un benchmarking delle aziende che hanno dimostrato approcci di successo al social media marketing. Bisogna dunque pensare la propria presenza sui social in termini di qualità, di pianificazione strategica e in modo olistico. Per usare i social media in modo efficace nei termini del marketing, è chiaro che serve un forte coordinamento che attraversi tutte le business unit e le diverse funzioni, così da fare il miglior uso possibile della tecnologia, degli strumenti, dei dati e dei talenti delle persone.

Questa è una sfida molto importante rivolta alla comunicazione interna, dal momento che il social media marketing trascende le singole funzioni e le singole unità di business: mette in gioco tutti e attraversa ogni nodo dell’azienda.

Se poi si vorrà misurare in modo trasparente il contributo economico (ROI) del social media marketing, si dovranno includere i seguenti elementi:

  • miglioramento delle percezioni del brand. L’impatto e la presenza sui social (se ben fatta) dovrebbe avere come conseguenza una miglior percezione del brand, che si traduce in un numero più elevato di commenti e post positivi online;
  • aumento delle condivisioni social. Le condivisioni dovrebbero generare più click e più traffico web che dovrebbe avere come conseguenza un posizionamento più elevato sui motori di ricerca;
  • più elevato tasso di vendite. Migliorando le percezioni del brand e crescendo il volume delle condivisioni, anche le vendite dovrebbero aumentare. Questi tassi di vendita più elevati dovrebbero essere maggiori del tasso che la società potrebbe raggiungere mediante le spese pubblicitarie “tradizionali”.
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