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Il marketing virale è morto?

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TecnoDuo è un bel blog di marketing e comunicazione, è interessante l’approfondimento critico proposto sul tema del marketing virale. L’articolo, che vi consiglio, propone due passaggi interessanti, il primo

I meccanismi virali possono nascere come comunicazioni uno a uno che devono evolvere necessariamente in un uno a molti se vogliono fregiarsi del titolo di virale.
Quelli – i virali – che raggiungono questo secondo stadio hanno una sola cosa che li accomuna: l´eterogeneità del target a cui si rivolgono (amici, parenti, colleghi, ex fidanzate, 50enni, 30enni, 20enni ecc.). Il tema veicolato per forza dovrà essere più vasto e banale possibile. Nessuno ha mai ricevuto una mail virale che parli della poetica del Pascoli o di correnti architettoniche neo avanguardiste francesi (se non come escamotage per fare una battutaccia).

Non mi trova d’accordo, si può fare marketing virale anche su nicchie e target molto particolari, lo dimostra la diffusione di tale tecnica nell’on-line gaming che ha in sè tutte le chiavi della propagazione (facilità di propagare un messaggio, possibilità di includere strumenti di incentivo alla viralità nell’oggetto es. – segnala a un amico – e oggetto in sè spesso oggetto di passaparola). Io credo che la chiave non sia la banalità ma il fatto che il prodotto contenga qualcosa di straordinario (come ci dice Seth Godin nel suo “propagare l’ideavirus”). Sono invece più d’accordo sulle conclusioni dell’articolo:

– Il tema creativo/comunicazionale di ogni operazione che vuole essere virale non deve mettere barriere di comprensione neanche al più basico degli utenti
– Brand sconosciuti non possono sperare di godere di viralità se non hanno qualche cosa di clamoroso nella loro offerta o nella loro comunicazione
– Gli utenti non devono essere presi in giro
– Quello che è virale non è commerciale, quello che è commerciabile non sarà virale
– La viralità non può essere pianificata, metti a disposizione strumenti virali (da l´invia a un amico a operazioni member get member) e poi incrocia le dita

L’unico appunto lo faccio sui brand sconosciuti. Spesso un’azienda nuova e innovativa (caso scuola a-style) approccia con politiche di guerrilla marketing e viral marketing il mercato, ecco quindi stickers, ambush etc.. se la tecnica di comunicazione (stickering creativo) vede l’azienda come first mover nel campo, ci possono essere dei buoni risultati, indipendentemente dalla notorietà di base del brand, spesso però l’equivoco sta nell’oggetto della propagazione virale, si parla della comunicazione (un bell’adesivo) e non del brand che sta dietro che gode quindi di un ritorno riflesso e di una sorta di esternalità ..

Il marketing virale dunque, è morto? No, è meno efficace di quanto i modaioli del marketing fanno credere sia ma più strutturato di quanto i disfattisti credono (non è il caso in oggetto, ovviamente)

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